Un Tempo assente, apparentemente fermo è quello che si attraversa nella malattia, nell’attesa, nella paura. Ma è anche un Tempo che scorre, sotto pelle, impercettibile, nelle riflessioni, nelle domande, nella ricerca di risposte. E fa crescere.Parole ricercate, flash di ricordi, emozioni che bruciano, dolore, tanto: gronda dai petali dai fiori, si riversa nel lago amato, si vorrebbe gettare tra le braccia di una madre con cui si è condiviso tutto. Due donne, ferite resilienti, àncore reciproche, nella palude della paura prima, nella nobiltà del Perdono, poi. E la figura centrale, un uomo, incapace di vedere l’Altro, perduto anche a se stesso, in grado, nonostante tutto, di far emergere la pìetas dalle sue ancelle e nutrici, sacrificate in nome di un Amore puro, ancestrale e universale.Insegna Moka, con questa sua silloge matura e piena, che la carne cava per i colpi ricevuti si può riempire distillando coraggio e pazienza. Il Tempo non sarà più assente, sarà l’ago che ricomincerà a tessere l’ordito di una vita nuova, per far spuntare il sorriso a occhi calmi come la superficie dell’acqua in un’alba di primavera.
Recensione di Alessandra Montesanto.